mercoledì 17 giugno 2009

Abbiamo riempito il cielo e la terra (Ostia 13/06/2009)

(di Patrizio J. Macci)

Siamo cinquecento -mi dice Paula- "Cinquecento più tre correggo io: ci sono tre donne col pancione."
"Anzi forse anche cinquecentoquattro perchè una potrebbe avere due gemelli!". Paula stira un sorriso, ma trattiene il pianto. E' stato uno sforzo titanico; lei e Andrea hanno preparato i cinquecento palloncini che hanno riempito il cielo con i colori della bandiera italiana, è stato il nostro modo per lavare lo sporco del nome di Licio Gelli dentro l'aula del Consiglio Municipale Massimo Di Somma di Ostia. Il tricolore che rappresenta tutti i cittadini italiani, i vivi e -soprattutto- i morti non deve essere infangato dal gesto idiota di una malassortita associazione culturale, un minestrone di personaggi andato a male. Se cinquecento persone si ritrovano di sabato in un rovente meriggio estivo pensi che forse c'è anche un'Italia che ha ancora un rispetto assoluto per la vita, che inorridisce alla notizia che un rappresentante delle istituzioni acconsenta alla premiazione di Licio Gelli e pochi giorni dopo istituisca borse di studio dedicate a Benito Mussolini. Che piange alle due di notte davanti al monitor quando ti manda i nomi delle vittime alla stazione di Bologna del 2 Agosto 1980 con la sottolineatura: " Attenzione, ci sono dei bambini!". Che non riesce a leggerli tutti al microfono, proprio non ce la fa. Sono tanti, "Troppi" dirà -ripiegata su se stessa mentre guarda nel vuoto, con le mani in grembo- "ti si rompe il fiato ed è come se ognuno di loro fosse lì davanti e prendesse il suo filo in mano." C'è Paolo Orneli, che parlotta fitto con un manifestante giovanissimo che vuole rompere il percorso prestabilito con la Questura. Ognuno di noi due ha il doppio dei suoi anni, ci guardiamo e sospiriamo: vent'anni fa anche noi sbattevamo contro lo stesso muro, come trottole impazzite. Ha la forza e le determinazione di Sordi-Magnozzi in UNA VITA DIFFICILE. Prendiamo tempo ed arriviamo ad un compromesso: si impegna fra vent'anni quando anche lui si troverà nella medesima situazione a cercarci ovunque sia. Se ne va divertito, noi sospiriamo per la gioventù che (forse) se ne è andata. Le forze dell'ordine non hanno neanche indossato la tenuta antisommossa, il funzionario ha pochi anni più di me: chiaccheriamo. Il giorno del sequestro Moro era al Liceo, ultimo anno. Cordiale e imbarazzato mi stringe la mano, forse è la prima volta che gli capita una manifestazione simile in un quartiere di periferia. Forse non l'hanno proprio mai vista. Abbiamo riempito la terra con le nostre voci per tutto il meriggio. Ci allontaniamo al tramonto dopo aver liberato i palloncini con l'ineluttabile certezza del numero dei presenti alla manifestazione: noi, e gli ottantacinque morti e duecento feriti della Stazione di Bologna.

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